“Ciò che per un individuo è cibo, per un altro può essere veleno”
Intolleranze alimentari. Anche se non vi siete mai sottoposti ad un test per verificarne la presenza alcuni sintomi come cefalea, stanchezza, irritabilità, dolori articolari, infezioni ricorrenti, allergie a polvere e pollini, eczemi (o acne ed anche afte), dermatiti, secchezza della pelle potrebbero aver fatto scattare un piccolo campanello di allarme.
Questi sintomi fanno parte di una sintomatologia generale e diffusa, che talvolta può essere riconducibile a intolleranza alimentare.
Se presenti qualcuno di questi sintomi, se credi di aver riscontrato su te stesso una intolleranza alimentare, contattami e insieme stabiliremo cosa fare.
Di cosa si tratta? Lo dice il termine stesso, in-tolleranza, cioè mancanza di tolleranza da parte dell’organismo ad un determinato alimento. Questa “mancanza” è spesso determinata da un eccesso di assunzione. Un po’ come quando si dice di qualcuno: “Non riesco a sopportare Tizio per più di una serata al mese!”, allo stesso modo, il nostro organismo può non tollerare un determinato cibo oltre una certa quantità o dopo un’assunzione continuativa per lungo tempo.
Questo, però, può provocare ulteriore confusione: è difficile dare la colpa del proprio malessere a qualcosa che fino a poco tempo prima non arrecava alcun fastidio o che comincia a dare malessere solo se aumentiamo la dose. A differenza delle allergie alimentari, che provocano una risposta immunitaria immediata anche violenta, le intolleranze alimentari hanno una sintomatologia molto più dilatata nel tempo e se non sono curate possono cronicizzare.
Per tale ragione sono state considerate fino ad oggi non mediate dal sistema immunitario e classificate come:
Alla luce, però, di recenti studi, sono state riscontrate intolleranze mediate dal sistema immunitario e, in particolare dalle immunoglobuline che provocano una risposta infiammatoria all’ingestione di determinati cibi. Proprio perché si tratta di una risposta tipica dell’organismo ad un qualsiasi stress, la sintomatologia non è rilevante e aggressiva fino a che non si supera la soglia di tolleranza.
Per provocare la reazione infiammatoria, una sostanza deve non essere riconosciuta dal sistema immunitario, e ciò può accadere quando un alimento passa la barriera intestinale ancora non completamente scisso nella sua componente elementare, per cui il sistema immunitario non lo riconosce. Possiamo quindi affermare che l’intolleranza alimentare nasce a livello intestinale, quando la parete di questo organo non funziona da barriera, ma ha delle falle, facendo passare anche i nutrienti non completamente digeriti e non solo le molecole giunte alla fine del processo digestivo e che devono essere assorbite a questo livello per essere utilizzate dal metabolismo. Si parla infatti di PERMEABILITA’ INTESTINALE, e può essere causata da diversi fattori: sicuramente le varie patologie relative a questo importantissimo organo (Morbo di Crhon, Sindrome dell’Intestino Irritabile, Colite cronica) ne sono la causa, e non ultimo, anzi probabilmente l’origine di tutti i mali, un microbiota intestinale povero o non in equilibrio.
Ciò provoca uno stato infiammatorio che a lungo andare porta alla disgregazione della parete intestinale, con formazione delle falle sopracitate. Dobbiamo quindi considerare l’intolleranza ad un alimento, anzi più correttamente ad una categoria di alimenti, il sintomo del problema e non la causa.
Se non curiamo il danno intestinale e soprattutto se non ne curiamo la causa, sarà inutile l’eliminazione dell’alimento non tollerato: ne recupereremo la tolleranza, ma potremmo svilupparne nei confronti di altri alimenti, utilizzati in grande quantità proprio per sostituire quello incriminato.
Poiché, come accennato in precedenza, l’origine dei disturbi intestinali è spesso attribuibile ad un mancato equilibrio del microbiota, prima di tutto occorre ristabilire questo, attraverso l’uso di probiotici specifici e di un’alimentazione studiata su misura per il soggetto in questione e le sue attuali intolleranze.
Attualmente il ministero della salute non riconosce altri test se non il Breath test per l’intolleranza al lattosio e la ricerca di anticorpi e secondaria biopsia dei villi intestinale per la celiachia, ma sul mercato esistono molti tipi di test per la ricerca delle intolleranze alimentari.
In base a quanto detto prima, poiché il recupero della tolleranza ad un alimento non risolve generalmente il problema, non ritengo necessario, se non nel caso della celiachia, andare ad indagare, ma attuo una dietoterapia volta al riequilibro del microbiota intestinale: sia attraverso l’uso di probiotici specifici; sia con un’alimentazione specifica a rotazione per le categorie alimentari verso le quali si sviluppa intolleranza, cioè quelle che vengono maggiormente introdotte nella nostra tradizione culinaria (frumento, lieviti e latticini), e per quelle categorie alimentari che contengono sostanze pro-infiammatorie.